DOCUMENTO CONCLUSIVO 2022

NON FU LA FINE, MA L’INIZIO NECESSARIO DI UN DESIDERIO DIVERSO!

[9 SETTEMBRE, 2022] Si è da poco conclusa la CONVOCATORIA ECOLOGISTA, co-organizzata da diverse realtà del Sud Italia. Avremo modo, nei giorni a venire, di mettere a sistema il portato politico di ogni discussione e iniziativa. Abbiamo bisogno di condivisione, non solo con le realtà e le soggettività presenti al campeggio, ma con tutt3 coloro che sentono il desiderio di costruire nuovi linguaggi e nuove pratiche, all’interno delle quali l’ecologismo assuma una dimensione radicale, intersezionale e transnazionale.

Le basi di questo evento si fondano sulla necessità di costruire spazi di confronto, di socialità e di emancipazione che trovino nella cura e nell’autonomia politica non solo gli elementi di un lessico nuovo. Gli spazi di cura e di autonomia vanno ora riconosciuti come il terreno sul quale interconnettere ferite, violenze, desideri e bisogni, da sempre invisibilizzati in ogni margine. In quel Sud che quotidianamente viene posto sotto ricatto da quel potere coloniale incarnato dalle istituzioni occidentali e dalla struttura economica che tutelano.

Alla frammentazione e atomizzazione dei nostri quartieri – intrappolati nel ricatto salute-lavoro-ambiente e nello sfruttamento, assoggettamento e controllo sociale di corpi e territori – abbiamo voluto opporre la possibilità di immaginare nuovi processi di liberazione a partire dal posizionamento ecologista che scaturisce dalle nostre esperienze vissute. Fin dal primo giorno, con la discussione svoltasi con l3 attivist3 di DAAR – Decolonizing Architecture, fino alla sera con la laboratoria sul rapporto tra femminismi e Questione Meridionale con Carla Panico, abbiamo voluto praticare, da un lato, una messa in discussione individuale e collettiva dei nostri privilegi e dall’altro la via di una rivendicazione politica più complessiva, che mettesse in rapporto la complessità di cosa significa abitare oggi un margine del Sud e la violenza strutturale che attraversa razza, genere, classe, specie.

Oltre al bisogno di costruire spazi assembleari, che avessero la capacità di interconnettere l’eterogeneità delle esperienze vissute in termini di subalternità politica, era per noi necessario ripoliticizzare la quotidianità [temporanea] della tre giorni per viverla come una pratica comunitaria a livello spaziale. I laboratori di serigrafia, di auto-produzione transfemminista/queer, i concerti, i dj-set [ringraziamo vivamente le Clitox], i pranzi e le cene [vegetariane/vegane] sono state pensate in linea con la visione della CONVOCATORIA. Riteniamo che la prassi ecologista debba mettere in avanti l’intersezione delle forme di violenza e al contempo una rivendicazione politica cosciente della complessità del vivere delle comunità, per non ricadere in un ambientalismo che svuoti la potenzialità contaminante e sovversiva che l’ecologismo può dare in termini di processi di liberazione collettiva.

È stata una tre giorni che ha inteso risignificare il forte portato politico materiale e simbolico del Sud nella sua dimensione transnazionale, in un posizionamento collettivo di decolonizzazione degli immaginari, dei saperi e delle pratiche che attraversano il Mediterraneo. Per noi, Sud significa proprio questo in termini di interconnessione: da un lato, affrontare la decostruzione della bianchezza del pensiero che portiamo con noi; dall’altro, riconoscere che abitare una terra marginalizzata, ricattata ed esposta quotidianamente alla violenza non è una questione meramente geografica.

I nostri Sud rifiutano le narrazioni dominanti che esotizzano i corpi e i territori, rendendoli appetibili alle nuove logiche di accumulazione neoliberiste. Essi rifiutano di considerarsi comunità da ‘civilizzare’ nel nome del progresso e della gentrificazione. I nostri Sud sono uno spazio politico attraverso cui ripensare radicalmente nuovi mondi e nuovi modi di essere e di abitare, oggi più che mai urgenti davanti alla crisi socio-ecologica e alla violenza politica che permea ogni spazio che desideriamo attraversare. Non possiamo, in quanto comunità tarantina – devastata dall’espropriazione della monocultura industriale e militare, dall’ENI, dal turismo crocieristico – in quanto comunità di una zona di sacrificio, non riconoscere la bellezza radicale che si è espressa durante la marcia popolare svoltasi nella serata del 28 agosto. Aver attraversato insieme le strade e i simboli di potere della nostra città con le organizzazioni politiche e le soggettività che hanno partecipato alla CONVOCATORIA, per noi ha significato riparare le ferite che ancora oggi immobilizzano un territorio abituato alla normalizzazione della violenza, del dolore e della morte.

In questo senso, riteniamo che non si debba passivizzare una comunità che resiste nonostante tutto alla molteplicità dei diritti negati. Pensiamo invece che si debba ripartire proprio dalla materialità delle nostre vite: dai quartieri che resistono ai wind days, dall3 student3 fuori-sede che si interconnettono con quell3 locali, dalle donne che resistono alle numerose malattie che colpiscono i loro corpi [endometriosi, vulvodinia, latte materno inquinato], dallx bimbx che, nonostante la negazione del diritto alla salute e all’educazione, provano a vivere invece che sopravvivere, dagli operai che non hanno mai accettato la dicotomia tra morire di fame o di malattia. Pensiamo che, a partire da questa marcia popolare, si possano creare spazi di autonomia nei quali riprendere decisionalità sui propri corpi significa riprendere decisionalità sui propri territori.

La gioia, la stanchezza, la condivisione, la rabbia, i desideri e bisogni di autodeterminazione, la complessità delle nostre vite e tante altre intersezioni tra le emozioni e affettività vissute, hanno permesso di vivere e abitare una tre giorni che ha visto comunità e corpi in lotta. 



Alle radici dei presupposti dei nostri immaginari sottratti, abbiamo ritrovato la potenza collettiva di un inizio diverso necessario. Con Raggia e Amore, grazie a tutt3 per aver contribuito a tutto ciò: dalla condivisione e redistribuzione di lavori di cura alla partecipazione politica di ogni discussione, questa CONVOCATORIA trova il suo senso politico nell’aver dimostrato che dai nostri Sud possiamo re-inventare nuovi mondi.